sabato 23 novembre 2013

“Call of Duty: Ghosts”, ecco il videogame per i soldati di domani



Avete mai pensato a come sarebbe ambientare una sparatoria nello spazio? Probabilmente no, ma se l'avete pensato sappiate che c'è qualcuno che non solo vi ha preceduto, ma ha anche reso questa fantasia in maniera decisamente appassionante.  E chi poteva essere, se non gli sviluppatori di Infinity Ward, che da dieci anni a questa parte danno vita alla serie di sparatutto più famosa del mondo, “Call of Duty”? Bene, se finora si erano spinti ai limiti dell'umano, con esplosioni atomiche e scene di guerra folli e spettacolari, con il nuovo episodio, “Call of Duty: Ghosts”, quel limite è stato ampiamente superato. No, i fantasmi in senso stretto non c'entrano niente. Con il termine “ghosts” si si fa riferimento a una speciale squadra di soldati, in grado di mimetizzarsi e compiere le missioni più pericolose. Quel che semmai è davvero sovrannaturale sono le missioni stesse in cui il giocatore viene catapultato. Si va dallo spazio siderale, in cui bisogna respingere l'invasione di una stazione spaziale, fino alle profondità degli abissi marini.  L'elemento costante è però la spettacolarità. La saga di Call of Duty ha passato, negli anni, diverse fasi. Si è andati dalla cruda realtà della Seconda Guerra Mondiale alla verosimiglianza di “Modern Warfare” e “Black Ops”. Ora con “Ghosts” si è arrivati a un livello che solo i più famosi film d'azione hollywoodiani avevano raggiunto prima d'ora: praticamente non c'è una sequenza che non termini con un'esplosione gigantesca, il livello delle scenografie è degno dei kolossal più esagerati. Insomma, se i primi “COD” lasciavano nel giocatore il gusto amaro della guerra vera e propria, ora, fra un'apocalisse di fuoco e un'altra, un sorriso ci scappa. Ma l'assurdità di ciò che accade sullo schermo sarà probabilmente ben accetta dai fan della serie, che anche in questo caso troveranno nel titolo più famoso di Activision pan per i loro denti. Anzi, per i loro fucili.  A dir la verità, il fulcro del gioco resta sempre un continuo tiro a segno con le armi più varie, più strane e più moderne contro frotte infinite di nemici un po' scemi e mediamente semplici da abbattere. La modalità “campagna” è soddisfacente, e riserva delle sequenze davvero notevoli, fra cui quella in cui ci si arrampica con delle funi su un grattacielo di Caracas. C'è sempre un “antagonista” da sconfiggere, nella parte dei buoni ci sono sempre gli americani e in quella dei “cattivi” sempre i russi o i sudamericani. Però la squadra Ghosts esercita il suo fascino, e le maschere che indossano i soldati sono un vero colpo di stile.  Ma ogni vero giocatore di “Call of Duty” sa che il punto di forza di questo videogame è nel multiplayer. È quello che garantisce ore e ore di gioco potenzialmente ininterrotto, ed è lì che il veterano si distingue dal pivello. In “Call of Duty: Ghosts” una delle novità è proprio qui: esistono una decina di diverse modalità di gioco online, che vanno dal classico “Deathmatch a squadre”, in cui due formazioni si fronteggiano senza troppi fronzoli, ad altre varianti più complesse, fra cui la nuova “Extinction”, nella quale quattro giocatori combattono insieme per respingere un'invasione aliena.  Insomma, ce n'è per tutti i gusti. L'importante è che vi piacciano gli sparatutto, e che siate disposti per questo a guardare con simpatia alle “americanate” che si susseguono nel corso del gioco. Anche perché comunque l'adrenalina è assicurata.  Il gioco è uscito lo scorso 5 novembre ed è stato pubblicato per Pc, Wii U, Play Station 3 e Xbox 360 (lo abbiamo provato in quest'ultima versione), ma è molto atteso, il prossimo 29 novembre, anche per Xbox One e Play Station 4 (pare renda meglio sulla nuova console Sony).  Certo, è evidente che il problema principale che si pone agli sviluppatori di Call of Duty è dover unire la necessità di sfornare un titolo all'anno (che raccoglie sempre grandi numeri in quanto a vendite), a quella di proporre ogni volta qualcosa di nuovo. In “Ghosts” si è ricorso anche all'utilizzo di un cane. Proprio così, un pastore tedesco che si comporta e che combatte praticamente come un umano, anzi meglio, e che è controllabile direttamente dal giocatore. Ora capite perché lo abbiamo definito “disumano”?

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